Territorio e Idrocarburi in Emilia Romagna

15/06/2015

A un anno dall’uscita dello studio del RIE, Ricerche Industriali ed Energetiche, su  “La Coesistenza tra Idrocarburi e Territorio in Italia”  (2014) il gruppo di lavoro bolognese – sotto la guida del Prof. Alberto Clô – ha pubblicato un Quaderno di approfondimento regionale sulla questione territorio-idrocarburi, concentrandosi sull’Emilia Romagna.

Il lavoro è stato presentato il 18 marzo a Bologna da Assomineraria in collaborazione con Confindustria Emilia-Romagna, alla presenza di istituzioni, rappresentanti delle imprese, sindacati, e stakeholder.

Il RIE ha scelto l’Emilia Romagna per il primo cahier perché si tratta di una regione simbolo della pacifica convivenza dei settori oil&gas e agricoltura-pesca-turismo. È qui che è nata l’industria petrolifera ed è qui che hanno sede le imprese d’eccellenza nella fornitura dei beni e servizi strumentali alle attività upstream. Allo stesso tempo nel contesto emiliano romagnolo esistono antiche e radicate tradizioni pescherecce, si registra una continua crescita delle presenze turistiche e soprattutto si riscontra la maggior concentrazione di produzioni DOP e IGP del nostro paese.

È proprio la “Food Valley” nei dintorni della provincia di Parma a ospitare contemporaneamente giacimenti di idrocarburi e storici produttori agricoli simbolo del Made in Italy. Per il nostro paese l’Emilia Romagna è uno dei fiori all’occhiello del settore agricolo: dopo la Lombardia, infatti, registra l’11% del totale della produzione agricola nazionale.

Il lavoro parte da un amaro confronto tra i dati storici relativi all’attività upstream in Emilia Romagna e quelli registrati nell’ultimo ventennio: rispetto al primato della regione per il più alto numero di pozzi perforati – 857 nel periodo compreso tra il 1960 e il 2012 sul totale italiano di 3.440 – e la maggiore quantità di concessioni sul territorio – 37 su un totale nazionale di 133 – nel 2013 si registra un livello produttivo 9 volte più basso dei picchi degli anni Ottanta. Nonostante questo calo la regione copre circa il 25% del totale degli idrocarburi prodotti su scala nazionale, che arriva al 48% se si considera solo il gas.

Questo contributo, secondo l’analisi del RIE, potrebbe essere decisamente superiore anche grazie agli sviluppi tecnologici registrati nel corso degli anni. Rilanciare la produzione in Emilia Romagna – bloccata da burocrazia, normative e da alcune decisioni politiche legate ai dubbi, ampiamente fugati, sulla sequenza sismica del maggio 2012 – vorrebbe dire riduzione della bolletta energetica, crescita delle imprese locali e aumento dell’occupazione. Lo sviluppo delle attività, quindi, eviterebbe la possibile scelta delle aziende di abbandonare il territorio perdendo anche la specializzazione degli occupati – circa 40 mila addetti tra compagnie, indotto e fornitura di beni collaterali. Tutto questo in piena armonia con i settori dell’APT.

Territorio e Idrocarburi in Emilia-Romagna – Quaderno di approfondimento

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